Demolire per costruire Roma: come il centro della città è stato modificato per esigenze pratiche, ma anche per finalità politiche di carattere ideologico e simbolico, tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Esigenze pratiche legate alla modernizzazione del tessuto urbano e della rete viaria, al risanamento edilizio, all’accoglimento delle strutture politiche e amministrative del Regno d’Italia. Esigenze politiche di esprimere i valori dell’Italia unita e di celebrarne gli artefici, a partire da Vittorio Emanuele II, cui fu dedicato il grande monumento edificato sulle pendici del Campidoglio che venne inaugurato nel 1911; e poi di manifestare la grandezza del regime fascista attraverso la costruzione di una “Roma di Mussolini” che sfruttava l’immaginario della Roma antica nell’intento di attualizzarne i fasti. Queste sono alcune delle principali ragioni che portarono agli interventi di rinnovamento urbano testimoniati dalle immagini e dai documenti di questo percorso, che restituiscono le fasi principali delle grandi demolizioni e ricostruzioni della Roma di età liberale e successivamente della Roma fascista.
Dopo il 1870 si susseguirono molti interventi all’interno della città storica che portarono all’apertura di direttrici viarie e alla costruzione di nuovi quartieri. Via Cavour, strada di collegamento tra la stazione e il centro, sarà per molti anni la via più lunga della nuova Roma (1350 metri) oltre ad essere il più grande intervento per sventramenti mai realizzato. L’opera viaria più importante della Roma umbertina fu la costruzione di corso Vittorio Emanuele II: la realizzazione di questa arteria, pensata come prosecuzione di via Nazionale verso il Tevere, venne deliberata nel 1880 e tra il 1883 e il 1884 cominciarono gli espropri e le demolizioni. Altro grande intervento che modificò la struttura della città fu il disciplinamento del Tevere stesso. Nella Roma pontificia sul fiume affacciava una sola piazza, di fronte a Ponte Sant’Angelo, mentre il resto della città si sviluppava mostrandogli il retro delle case e dei palazzi. La costruzione dei muraglioni e dei viali che fiancheggiano il corso del fiume, i lungotevere, venne avviata nel 1876 per essere completata all’inizio del XX secolo. L’urbanizzazione e la trasformazione del fiume modificò strutturalmente la funzione che il Tevere assolse fino ai lavori di ristrutturazione, ossia di via commerciale e di sfogo delle cloache.
Il tessuto abitativo del centro storico, prima degli interventi effettuati dal regime fascista, era ancora caratterizzato dalla compresenza di ceti diversi. Nella Roma papalina non esistevano zone abitative ad esclusiva presenza popolare, a eccezione di Trastevere e parte del rione Ponte: popolani e nobili potevano vivere nelle stesse vie, se non negli stessi edifici. La crescita dei ceti medi a partire dal 1870 aveva portato alla costruzione di nuovi quartieri ma anche a una maggiore differenziazione sociale nel centro storico. Gli sventramenti attuati durante il Ventennio al fine di far “giganteggiare nella necessaria solitudine”, secondo gli ordini impartiti dal Duce, i monumenti della Roma antica e di quella cristiana, contribuirono a ridurre la popolazione e in primis la presenza popolare nel centro.
Particolarmente significativi furono gli interventi realizzati intorno al Campidoglio e al monumento a Vittorio Emanuele II. Al completamento dei lavori di abbattimento del quartiere costruito nella Roma di fine Medioevo, nell’area compresa tra piazza Venezia, il Colosseo e il Teatro di Marcello, vennero eliminati circa 5500 vani abitabili. La via dell’Impero, oggi via dei Fori Imperiali, aperta per valorizzare lo straordinario patrimonio archeologico dell’area e per collegare piazza Venezia, cuore simbolico della Roma fascista, con il Colosseo, emblema monumentale di quella antica, venne inaugurata il 28 ottobre 1932 in occasione del decimo anniversario della marcia su Roma. Due anni prima era stato inaugurato, sull’altro versante del colle capitolino, il primo tratto dell’attuale via del Teatro di Marcello, al tempo via del Mare.
Per dare contezza dell’entità delle demolizioni operate dal regime fascista, i soli lavori per l’isolamento del Mausoleo d’Augusto e l’apertura di piazza Augusto Imperatore, che interessarono un’area molto più ristretta rispetto a quelle di cui si è detto in precedenza, portarono all’abbattimento di oltre centoventi abitazioni. L’inaugurazione della piazza nel 1938 suggellava, sul piano degli interventi di rinnovamento urbano, l’associazione tra fascismo e romanità, e tra Mussolini e Augusto quali fondatori di imperi, che era stata esaltata nel 1937 con le celebrazioni del bimillenario della nascita di quest’ultimo.
Gli sventramenti del tessuto urbano romano terminarono con l’allargamento dell’accesso a San Pietro, iniziato il 29 ottobre 1936, mediante la demolizione della Spina di Borgo, il cui nome rimandava alla forma incuneata degli edifici stretti tra Borgo Nuovo e Borgo Vecchio. Dopo la sospensione dei lavori a causa della guerra, la nuova via della Conciliazione, il cui odonimo celebrava appunto la conciliazione tra Stato e Chiesa suggellata dalla firma dei Patti lateranensi del 1929, sarebbe stata inaugurata nel 1950.
Questo percorso è stato realizzato grazie ai materiali documentari custoditi dal Museo di Roma nella sezione Archivio fotografico, consultabile a Palazzo Braschi e sul sito. Inoltre sono stati utilizzati cinegiornali e materiali audiovisivi dell’Archivio storico dell’Istituto Luce.
Giulio Romeo