Il 10 settembre 1943 Roma veniva occupata dai nazisti. Accadeva esattamente due mesi dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia e due giorni dopo la firma dell’Armistizio. L’ordine di deportazione per gli ebrei di Roma arrivò alla polizia tedesca il 25 settembre 1943. Tra le famiglie ebraiche più facoltose e meglio informate diverse avevano già abbandonato la città, compreso il rabbino capo Zolli.
Ai primi di ottobre arrivò a Roma, con pieni poteri per l’arresto e la deportazione degli ebrei, l’ufficiale della Gestapo Theodor Dannecker, stretto collaboratore di Adolf Eichmann, capo del Dipartimento Reich Referat IV B4 che seguiva gli “affari ebraici e dell’evacuazione” nell’Europa occupata dai tedeschi. A nulla valsero i tentativi del capo della polizia di sicurezza di stanza a Roma Herbert Kappler e del sostituto ambasciatore Eitel Friedrich Moellhausen di trovare soluzioni alternative alla deportazione. Il 9 ottobre, il Ministero degli Esteri comunicava al diplomatico tedesco che, in base agli ordini del Fürer, gli 8.000 ebrei abitanti a Roma dovranno essere mandati come ostaggi a Mauthausen, intimandogli di non immischiarsi in nessun caso nella faccenda bensì di lasciarla alle SS.
Premessa necessaria a un’azione di rastrellamento fulminea come quella organizzata dal collaboratore di Eichmann a Roma, era la disponibilità di una schedatura completa e aggiornata degli ebrei presenti sul territorio che il fascismo aveva approntato sin dal 1938 e che aveva superato indenne i 45 giorni Badogliani arrivando in mano ai nazisti. In più, il 29 settembre gli SS avevano perquisito gli uffici della Comunità ebraica entrando in possesso di tutti gli elenchi e i nominativi degli ebrei romani con l’indicazione del domicilio. Per eseguire il rastrellamento è stato inviato a Roma nei giorni precedenti un reparto specializzato nella caccia all’uomo mentre per la preventiva individuazione degli indirizzi è stato impiegato un gruppo della polizia italiana che l’SS teneva isolato in una caserma tedesca temendo fughe di notizie.
Alle 5.30 del 16 ottobre 1943 ebbe inizio il rastrellamento. Sulla base degli elenchi a disposizione, 350 militari tedeschi cominciarono a bussare nelle porte delle famiglie da prelevare, comunicando con un avviso redatto in italiano e in tedesco la procedura da seguire. Le operazioni si portarono fino alle ore 14.00 e portarono all’arresto di 1.259 persone condotte in camion al Collegio Militare di via della Lungara. Lì, dopo la registrazione e la liberazione di 252 persone appartenenti a categorie escluse dalla deportazione (famiglie miste, stranieri, domestici non ebrei) rimasero in 1.014. Il continuo lavoro di aggiornamento degli elenchi portato avanti dall’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER) ha fatto salire il numero complessivo delle persone effettivamente deportate a 1020. Il treno con gli ebrei romani composto di 28 carri partì dalla Stazione Tiburtina il 18 ottobre e raggiunse Auschwitz il 24 ottobre. Dopo la selezione, 149 uomini e 47 donne furono registrati e portati nel campo di lavoro. Tutti gli altri furono uccisi nelle camere a gas il giorno stesso.
Diversamente dall’opinione comune, il rastrellamento del 16 ottobre 1943 non coinvolse solo il Ghetto ebraico, bensì 36 tra rioni e quartieri della Capitale. Solo 367 persone, il 37% del totale, provenivano dal rione Sant’Angelo dove si trova il Ghetto, il restante 63% dei deportati sono stati prelevati da indirizzi localizzati altrove. Il resto della città entro le mura ha pagato un prezzo altrettanto elevato, 383 persone, il 37,5% del totale, mentre dai quartieri fuori le mura, tra cui alcuni allora periferici come Ostiense, Tiburtino o Tuscolano, provenivano 231 persone, 22% del totale. Il restante 3% (32 persone) risulta al momento non localizzabile.
In tutto sono stati geolocalizzati 330 indirizzi coinvolti nelle operazioni di rastrellamento per la cui corretta individuazione è stata utilizzata come supporto cartografico la Pianta di Roma edita da A. Marino e M. Gigli nel 1934 in scala 1:4.000, unica cartografia dell’epoca a riportare i nomi delle strade e i numeri civici. La geolocalizzazione è basata su un indirizzario approntato dall’ASCER, desunto dalle schede personali utilizzate dalla Comunità ebraica sino ai primi anni Sessanta del Novecento. I dati dell’indirizzario sono stati incrociati con numerose altre fonti per associare, con un buon grado di approssimazione, il nome del deportato all’indirizzo dal quale venne prelevato. Si tratta di una banca dati tenuta costantemente aggiornata, la cui mappatura corrisponde allo stato di fatto di settembre 2023. I punti che rappresentano gli indirizzi da cui vennero prelevati gli ebrei romani deportati ad Auschwitz si possono visualizzare in maniera interattiva nel portale Roma150, assieme alla pianta utilizzata per la geolocalizzazione. Per motivi legati alla privacy, sono consultabili solamente l’età, il genere e luogo di nascita delle persone deportate, mentre le informazioni dettagliate sono presenti presso l’ASCER.
Keti Lelo
Nota: Il presente lavoro è l’aggiornamento di una precedente campagna di geolocalizzazione condotta da Keti Lelo e Sabrina Gremoli e pubblicata nel volume Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione. A cura di Silvia Haia Antonucci, Claudio Procaccia, Gabriele Ragno, Giancarlo Spizzichino, Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, Roma 2006. ISBN 9788883358128.