Il percorso è focalizzato sull’evoluzione del quadrante Ostiense-Testaccio dal 1870 ai giorni nostri. La selezione di fonti iconografiche e di filmati d’epoca è mirata a promuovere la conoscenza della storia di un territorio che nella prima parte del Novecento costituì il primo quartiere industriale della capitale, per poi attraversare una fase di progressiva decadenza dal secondo dopoguerra, fino a giungere alla riqualificazione avviata agli inizi degli anni ’90, principalmente grazie all’insediamento dell’Università Roma Tre. Il percorso attraversa i temi dell’industrializzazione, della deindustrializzazione e del recupero, più o meno virtuoso, di edifici di archeologia industriale, senza trascurare questioni ancora aperte, come il vasto spazio degli ex Mercati generali.
I primi segni di sviluppo dell’area risalgono all’ultima decade pontificia: nel 1863 Pio IX inaugura un nuovo ponte ferroviario sul Tevere (a campata centrale mobile per consentire alle imbarcazioni di risalire fino al Porto di Ripa Grande, nel rione Trastevere), denominato significativamente “ponte dell’Industria” (conosciuto anche come “ponte di ferro”).
Non appena cadde lo Stato Pontificio, si avviarono i primi dibattiti sullo sviluppo urbanistico della nuova capitale d’Italia, dai quali emerse che il settore nord-orientale della città sarebbe stato destinato all’edilizia residenziale, mentre quello meridionale alle attività produttive. Il territorio di Testaccio fu considerato il più idoneo perché pianeggiante, lontano dai luoghi del potere e in diretta connessione con il fiume e la ferrovia. Il Piano Regolatore del 1883 (il primo efficace per la città) formalizzò tale indicazione, che iniziò a prendere corpo con la costruzione del nuovo Mattatoio (1888-1891), in precedenza localizzato fuori Porta del Popolo. L’insediamento di tale struttura favorì la nascita di impianti collegati allo stabilimento di mattazione, a cominciare dai conciatori, che furono trasferiti dal rione Regola, ormai troppo centrale, ad una zona a ridosso delle Mura Aureliane, che ne conserva ancora le tracce nella toponomastica (via delle Conce e via dei Conciatori).
Agli inizi del ‘900 maturarono le condizioni per un ulteriore sviluppo in senso produttivo del quadrante meridionale della città (cfr. percorso “Roma produttiva”). L’attività legislativa del governo municipale della Giunta Nathan (1907-1913), su tutti l’approvazione del nuovo Piano Regolatore del 1909, fornì un contributo decisivo alla nascita del primo quartiere industriale della città, localizzato nell’area Ostiense.
Nel giro di pochi anni si concretizzarono o si avviarono grandi opere e nuovi imponenti insediamenti, alcuni dei quali, anche a causa della Prima guerra mondiale, sarebbero poi stati inaugurati nei primi anni del regime fascista. Basti ricordare le nuove officine per la produzione del gas della Società Anglo-Romana (1910), il nuovo Porto fluviale (1912), i Magazzini generali (1912), la centrale Montemartini (1912), il Consorzio agrario cooperativo (1919), i Mercati generali (1922-27), la linea ferroviaria Roma-Ostia (1924).
La rapida trasformazione della destinazione d’uso di questo territorio, che da agricolo assunse una connotazione industriale, è efficacemente restituita dalle foto storiche che compongono il percorso, con la possibilità di immergersi nell’attività di diversi siti produttivi e infrastrutture di servizio mediante la visione di filmati gentilmente concessi dall’Archivio Storico Istituto Luce e da Rai Teche.
Negli anni Trenta, tuttavia, venne a cadere la priorità dell’industrializzazione dell’Ostiense e di una proiezione economica di Roma verso il mare. Le innovazioni progettuali si concentrarono sull’E-42 e per lo sviluppo industriale di Roma fu individuata, e sancita nel 1941, la nuova direttrice Tiburtina-Tor Sapienza (cfr. percorso “Roma produttiva”).
Dal secondo dopoguerra iniziò una fase contraddistinta da un progressivo declino e abbandono degli insediamenti produttivi, principalmente per due ragioni:
1) Venne meno il ruolo strategico del fiume come via di comunicazione, a causa della crescente concorrenza del trasporto su gomma, determinando l’esaurimento della funzione economica del porto fluviale e del relativo indotto;
2) L’incremento demografico registrato negli anni ’50 e ’60 (dal 1951 al 1971 la popolazione di Roma passò da 1,6 a 2,7 milioni di abitanti) determinò una forte espansione della città che favorì il cambio di destinazione d’uso da industriale a residenziale.
La crisi dell’Ostiense perdurò fino agli inizi degli anni Novanta, quando l’insediamento nel territorio dell’Università Roma Tre, secondo un modello originale di università policentrica disseminata in questa porzione di città, ha innescato una serie di interventi volti al riuso di spazi di archeologia industriale e di edifici storici. Soltanto per citare i casi più evidenti, parte dell’ex Mattatoio di Testaccio è stato recuperato per ospitare la sede della Facoltà di Architettura, l’ex stabilimento dell’Alfa Romeo per la Facoltà di Lettere e Filosofia (attuale Dipartimento di Studi Umanistici), la fabbrica dismessa della Società Ottico Meccanica Italiana e il complesso della Vasca Navale per la Facoltà di Ingegneria (rispettivamente l’attuale Dipartimento di Ingegneria Civile, Informatica e delle Tecnologie Aeronautiche e l’attuale Dipartimento di Ingegneria Industriale, Elettronica e Meccanica), le ex Vetrerie Bordoni per il Rettorato (ormai ex) e la Facoltà di Giurisprudenza.
Parallelamente, l’azione dell’Università è stata accompagnata anche da altri interventi di recupero e valorizzazione realizzati dal potere pubblico, come la riconversione degli ex Magazzini generali, attualmente sede dell’Istituto Superiore Antincendi (metà anni ’90), e l’apertura di una sezione dei Musei Capitolini all’interno della Centrale Montemartini, dove è stato allestito un suggestivo spazio espositivo in cui convivono arte classica e archeologia industriale (da esperimento temporaneo, 1997, si passò nel 2001 alla creazione di una sede permanente: il Museo della Centrale Montemartini).
Sul fronte privato, si segnalano operazioni di segno opposto: dal convincente recupero degli ex Mulini Biondi, trasformati in residenze ad inizio anni 2000, all’intervento nell’area dell’ex Consorzio agrario cooperativo (di una decina di anni dopo), demolito per fare spazio ad un complesso residenziale che sembra non tener conto del contesto in cui è inserito.
Non mancano le questioni irrisolte, come il recupero della superficie degli ex Mercati generali, attivi fino al 2002. Durante la Giunta Veltroni, nel 2005, l’architetto olandese Rem Koolhas vinse il bando internazionale indetto dal Comune di Roma per la riqualificazione dell’area, ma tra modifiche al progetto originario apportate ad ogni cambio di sindaco, il fallimento di una delle società che supportava l’iniziativa e gli interventi della magistratura e dell’Autorità nazionale anticorruzione si è ancora molto lontani dalla realizzazione di un centro polifunzionale che aggiungerebbe un ulteriore tassello al processo di rigenerazione urbana in corso.
Questo percorso è stato realizzato grazie ai materiali documentari custoditi dai seguenti enti: Archivio Centrale dello Stato, Archivio Storico Capitolino, Archivio Storico Istituto Luce, Fondazione Primoli, Museo di Roma, Rai Teche.
Giuseppe Stemperini