Il quartiere per le “arti clamorose e fabbricati per abitazioni di operai”
Il percorso vuole illustrare i principali passaggi della storia urbana di Testaccio, a cavallo tra Ottocento e Novecento, a partire dal Piano regolatore del 1883, per passare alla costruzione del Mattatoio e alle lottizzazioni programmate dal Comune di Roma attraverso una serie di convenzioni con i privati e con l’Istituto per le Case Popolari (ICP). Fotografie storiche, fonti bibliografiche, cartografie e documenti d’archivio (in particolare dell’Archivio Storico Capitolino e dell’Archivio Storico ATER Roma) permettono di ripercorrere l’evoluzione del quartiere, istituito Rione XX di Roma nel 1921.
Testaccio nasce come il primo quartiere industriale-operaio di Roma Capitale, infatti, la Commissione degli Architetti e degli Ingegneri, nominata il 30 settembre del 1870 dalla giunta provvisoria di Governo, nella sua Relazione dei lavori per l’ampliamento ed abbellimento di Roma, stabiliva al Testaccio la realizzazione di un quartiere industriale e puntualizzava che «Penetrata dalla necessità in cui trovasi una gran Città di avere una vasta area per le arti clamorose, fabbricati per abitazioni di operai, e grandi officine, magazzini particolari, depositi centrali per vini, ed altro, volgeva l’attenzione su quel largo piano che intornia il Monte Testaccio, e vi riconosceva un locale adatto a siffatta costruzione, come ancora a grandi edifici, e a Magazzini nei quali deporre le Merci» (10 novembre 1870)[1].
In relazione a tale programma e all’approvazione del definitivo Piano regolatore di Roma, elaborato da Alessandro Viviani e approvato nel 1883, sarà stipulata la convenzione tra il Comune e la ditta Marotti, Frontini e Geisser (7 luglio 1883) che portò alla realizzatine, tra il 1884 e il 1888, dei primi lotti residenziali, di tipo intensivo, lungo via Marmorata, intorno piazza Testaccio e a ridosso del Lungotevere, progettati da Felice Ravanetti, Luigi Monti e Carlo Tonelli.
Negli stessi anni, il Consiglio comunale deliberava la realizzazione della nuova sede del Mattatoio al Testaccio (20 maggio 1887), in sostituzione dello stabilimento di piazza del Popolo. Progettato da Gioacchino Ersoch, tra 1888-1891, il Mattatoio si estendeva su una superficie di 106.664 mq circa, ed era diviso in due parti distinte: lo stabilimento di mattazione, a nord, su una superficie di 50.858 mq e il Mercato del bestiame (Campo Boario), a sud, su uno spazio di 55.786 mq. Per le sue innovative caratteristiche funzionali, impiantistiche e costruttive, il progetto di Ersoch è stato a suo tempo considerato un modello di riferimento a livello europeo, destinato a una lunga attività che si concluse soltanto nel 1975 quando la struttura venne dismessa. Il Mattatoio, dalla fine dell’Ottocento, ha così costituito un’opera “di grande interesse e pubblica utilità” e con la sua costruzione si chiuse anche la prima fase di formazione di Testaccio, come si rileva dalla planimetria del Mattatoio e del quartiere nel suo insieme al 1891[2], dove il quartiere risulta lottizzato per appena un quarto dell’intera zona.
Con l’avvio dell’attività del Mattatoio si assiste a un progressivo incremento demografico del quartiere che farà di Testaccio, agli inizi del Novecento, anche uno dei luoghi più degradati di Roma. In questi anni, però, grazie alla Giunta comunale guidata da Ernesto Nathan (10 novembre 1907-dicembre 1913) e all’infaticabile attività di Domenico Orano – storico, filantropo e consigliere comunale del Blocco popolare –, vennero organizzate diverse opere di assistenza sociale e sanitaria promosse dal Comitato per il miglioramento economico e morale del quartiere Testaccio, fondato nel 1905. Parallelamente, il Comune, attraverso l’Istituto per le Case Popolari in Roma(ICP), sarà impegnato a definire la struttura del quartiere con numerosi interventi di edilizia economica e popolare: gli undici lotti progettati da Giulio Magni e Alberto Manassei (1910-1913), la costruzione dei lotti 30, 32, 33, 34, di Quadrio Pirani e Giovanni Bellucci (1911-1917), i cosiddetti “villinetti” (1919-1920, demoliti negli anni Sessanta), il lotto 31, a piazza santa Maria Liberatrice, di Camillo Palmerini (1925-1929) e, lungo via Marmorata, i lotti 26 e 27 di Innocenzo Sabbatini (1927-1928). A Testaccio, i progetti dell’ICP, insieme a quelli realizzati dall’Istituto Romano di Beni Stabili (IRBS), grazie alle loro soluzioni tipologiche, formali e urbane, rappresentano un passaggio importante nella ricerca architettonica romana sull’abitazione popolare, nata dall’esigenza di rispondere alla pressante richiesta di alloggi per le classi meno abbienti.
Oltre ai lotti residenziali, dagli inizi del Novecento fino agli anni Quaranta, verranno realizzati diversi edifici e spazi pubblici, come le scuole, la chiesa di santa Maria Liberatrice (1908), il Cinema Teatro Garibaldi (1908-1909), la caserma dei Vigili del Fuoco (1930), lo stadio di calcio Campo Testaccio (1929), le Poste a via Marmorata, di Adalberto Libera e Mario De Renzi (1935), la fontana delle Anfore a piazza Testaccio (1924) e il Ponte d’Africa (ora Ponte Testaccio, 1940-1948) pensato per potenziare il collegamento con la zona Portuense-Eur in via di espansione.
Francesca Romana Stabile
[1] Roma, Archivio Storico Capitolino = ASC, Atti del consiglio comunale di Roma, 1870-1871, allegato n. 1, pp. 339-349 (343).
[2] Cfr. G. Ersoch, Roma: il Mattatoio e Mercato del bestiame costruiti dal comune negli anni 1888-1891: descrizione e disegni / con progetto e direzione di Gioacchino Ersoch, Roma 1891.